Con la sentenza n. 30008 depositata il 26 ottobre 2021 la Cassazione interviene sulla nozione di sport dando pieno riconoscimento allo sport per tutti e allo sport sociale, in linea con l’orientamento degli eurogiudici. Si tratta di un concetto recepito anche dal legislatore della Riforma dello Sport che, nelle disposizioni del D.Lgs. n.36/2021, riprendendo la risalente definizione del Consiglio d’Europa del 1992, pone sullo stesso piano, quale obiettivo della pratica sportiva, tanto il miglioramento della forma fisica e lo sviluppo delle relazioni sociali, quanto l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli. Si tratta di un arresto importante, soprattutto nel contesto attuale alla vigilia dell’entrata in vigore della Riforma e del nuovo Registro Nazionale delle Attività Sportive Dilettantistiche istituito presso il Dipartimento per lo sport. Vediamo perché.
Cosa afferma la Cassazione
La decisione – che è molto articolata ed interviene anche sulla nozione di organismo senza finalità di lucro – viene qui in rilievo per l’ampia nozione di sport che, riprendendo gli orientamenti della Corte di Giustizia interpretativi della direttiva UE sull’esenzione IVA per talune prestazioni sportive rese da organismi senza fini di lucro ( art. 132, paragrafo 1, lett. m) Direttiva 2006/112/CE) viene individuata, tra le altre, con le seguenti caratteristiche:
– per essere considerata “sportiva” l’attività in esame deve essere di “natura fisica” e, cioè, “caratterizzata da una componente fisica non irrilevante”;
– non è necessario che vengano preparati atleti per le gare, poichè non è richiesto che “l’attività sportiva sia praticata ad un determinato livello” o che l’esercizio fisico sia “finalizzato a partecipare a competizioni sportive”;
– non si richiede che lo sport sia praticato con continuità, atteso che l’attività non deve essere necessariamente “praticata secondo determinate modalità, ad esempio in modo sistematico o organizzato”.
Pacifico dunque, per la nozione di sport fatta propria anche dalla Cassazione, che l’attività fisica (non irrilevante) non debba necessariamente essere praticata a livello competitivo o agonistico e che le competizioni , ove eventualmente presenti, possono essere di qualsiasi livello. L’accezione non è nuova in ambito eurounitario perché già nel 1992 il Consiglio d’Europa, nell’ambito della Carta Europea dello Sport, scriveva che si intende per sport qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una partecipazione organizzata o non, abbia per obiettivo l’espressione o il miglioramento della condizione fisica e psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali o l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli. Ricordiamo inoltre i principi fissati nel Libro Bianco sullo Sport del 2008 della Commissione Europea che riconosce e valorizza il ruolo sociale dello sport, non solo quale strumento per migliorare la salute ma anche per la sua funzione educativa, culturale e ricreativa.
La Suprema Corte pertanto – alla luce dei principi di diritto enunciati e che, come detto, investono anche altre tematiche – ha cassato con rinvio la decisione impugnata perché la Commissione Tributaria Regionale aveva escluso la spettanza dei benefici fiscali ad una a.s.d. con una motivazione “astratta e stereotipata” in base alla quale un’associazione sportiva dilettantistica che gestisce una palestra sarebbe sempre esclusa dall’ambito applicativo della norma. La Corte ha dunque censurato il giudizio aprioristico secondo il quale – facendo riferimento proprio ad alcuni passaggi della sentenza riformata – “in una palestra non viene insegnata e/o praticata una disciplina specifica affiliata alla relativa federazione nazionale, non vengono preparati atleti per competizioni dilettantistiche, ma vengono offerti servizi vari quali, ad es. corsi di aerobica, step, danza, sala macchine: si aggiunga che i servizi offerti non implicano una necessaria continuità – tipica di una disciplina sportiva dilettantistica – ben potendo il cliente-socio circoscrivere a limitati periodi la frequenza.”
Si tratta di contestazioni comuni e frequenti nelle verifiche fiscali svolte nei confronti di sodalizi sportivi del settore fitness e che – anche alla luce dell’insegnamento della Corte – devono ritenersi illegittime se e in quanto prescindono dall’accertamento sull’effettivo svolgimento dell’attività. Come dire che il criterio sostanzialistico – contrapposto a quello formalistico – deve valere non solo per accertare ma anche per escludere la spettanza dei benefici.
Al riguardo, come noto, l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità – ripreso anche nella decisione in commento – afferma che per beneficiare delle agevolazioni fiscali non è sufficiente il rispetto dei requisiti formali (riconoscimento a fini sportivi, recepimento delle clausole statutarie etc.) ma va dimostrata l’effettiva sussistenza dei requisiti (e quindi che la a.s.d. oltre a possedere lo status formale si è conformata concretamente alle disposizioni statutarie e ha svolto concretamente attività sportiva dilettantistica). Orbene, lo stesso principio deve valere anche per negare l’applicazione delle agevolazioni, che non può quindi fondarsi su un “pregiudizio” legato a una concezione astratta di palestra ma richiede di accertare l’attività effettivamente esercitata, fermo restando – come ribadisce la Corte – che l’onere della prova incombe in ogni caso sul contribuente.
Per completezza si precisa che il caso sottoposto all’esame della Corte riguarda un accertamento risalente alle annualità 2000 -2002, anteriore quindi all’istituzione del Registro Coni nonché all’adozione delle note delibere del Consiglio Nazionale che hanno individuato l’elenco delle discipline ammissibili.
Tuttavia, seppure resa in tale contesto specifico, la sentenza assume una portata più ampia in quanto non si limita ad annullare la sentenza impugnata perché aveva escluso le agevolazioni per l’a.s.d. non iscritta al Registro (visto che all’epoca tale registro non era previsto da alcuna disposizione di legge), ma interviene anche sulle argomentazioni relative alla natura e all’attività sportiva dilettantistica, rifacendosi alla nozione di sport di matrice eurounitaria. Naturalmente rimane fermo – nel quadro attualmente vigente – che i requisiti da accertare, secondo una valutazione formale e sostanziale, includono l’iscrizione al Registro e lo svolgimento di discipline espressamente comprese nell’elenco; tuttavia l’ampia nozione di sport presupposta dalla Cassazione può dare importanti indicazioni interpretative quanto meno ai fini della qualificazione tributaria.
Le novità della Riforma : la definizione di sport e il nuovo Registro
In prospettiva, la pronuncia può assumere una portata ancor più significativa risultando per certi versi anticipatoria dei contenuti della riforma dello sport. Mi riferisco in particolare alla definizione di sport fatta propria dal legislatore e all’istituzione del nuovo registro delle attività sportive dilettantistiche. Tre in particolare le norme di riferimento:
- Il D.Lgs. n.36/2021 – la cui entrata in vigore è fissata al 1 gennaio 2023 – all’art.2 lett.nn) definisce come “sport” qualsiasi forma di attività fisica fondata sul rispetto delle regole che ha per obiettivo l’espressione o il miglioramento della forma fisica e psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali o l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli, recependo quindi la definizione già da anni elaborata in ambito europeo;
- all’art. 7, nel disciplinare i contenuti di atti costitutivi e statuti degli enti sportivi dilettantistici, individua l’oggetto sociale con specifico riferimento all’esercizio in via stabile e principale dell’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, ivi comprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica;
- Il D.Lgs. n.39/2021 – la cui entrata in vigore è fissata al 31 agosto 2022 – all’art.4 istituisce il nuovo Registro Nazionale delle Attività Sportive Dilettantistiche (R.A.S.) presso il Dipartimento dello Sport. L’iscrizione al registro – che andrà a sostituire quello attuale tenuto dal CONI – certifica la natura dilettantistica di società e associazioni sportive, per tutti gli effetti che l’ordinamento collega a tale qualifica. Coerentemente, con l’entrata in vigore di tale disposizione, verrà abrogato l’art.7 del D.L. 136/2004 che aveva riconosciuto il CONI come unico organismo certificatore della effettiva attività sportiva svolta dalle società e dalle associazioni dilettantistiche.
Cosa aspettarsi dal nuovo registro: sarà ancora previsto l’inserimento degli eventi sportivi e didattici? E soprattutto saranno ancora iscrivibili soltanto le discipline di cui all’attuale elenco introdotte con le note delibere Coni?
Usando il condizionale d’obbligo, l’attuale elenco delle discipline ammissibili al registro Coni verrebbe superato sia perché il nuovo registro fa capo al Dipartimento dello Sport e non è ravvisabile una sorta di ultrattività di norme regolamentari sportive (delibere del Consiglio Nazionale Coni) in difetto di uno specifico richiamo da parte dell’ordinamento statuale; sia alla luce di una più ampia definizione legislativa della nozione di sport.
Le nuove disposizioni prevedono che il registro sarà gestito interamente con modalità telematiche e che le a.s.d./s.s.d. già iscritte al registro Coni vi saranno automaticamente trasferite (c.d. trasmigrazione). Importante è sottolineare che ai fini dell’iscrizione le a.s.d./s.s.d. dovranno autocertificare le attività sportive, didattiche e formative ma per ulteriori dettagli sulla tenuta, conservazione e gestione del registro si dovrà però attendere uno specifico provvedimento del Dipartimento dello sport, da adottare entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto.
Attività sportiva e/o didattica: l’importanza di una congiunzione
Un aspetto sembra però definitivamente chiarito nella prospettiva della riforma: e cioè che ai fini del riconoscimento sportivo e della permanenza nel nuovo registro non sarebbe necessario svolgere sia attività sportiva che attività didattica ma, considerato che nella definizione di sport si utilizza la congiunzione disgiuntiva “o”, risulta confermata per legge la possibilità di praticare indifferentemente e alternativamente tanto attività motoria di base quanto attività finalizzata all’agonismo.
Il testo della nuova disposizione – perfettamente aderente al concetto europeo di sport – supera così i dubbi interpretativi che derivano dall’attuale regolamento del Registro Coni che all’art.3 lett.2) prevede lo svolgimento di attività sportiva e didattica. Proprio in forza di questa congiunzione il Collegio di Garanzia del Coni con decisione n.29/2021 ha di recente affermato la necessità di esercitare entrambe le attività ai fini della permanenza nel registro, con effetti inevitabilmente distorsivi e paradossali che se applicati indistintamente porterebbero ad escludere dal registro il sodalizio che svolge esclusivamente attività agonistica e quello che svolge esclusivamente attività non competitive, seppure espressamente ricomprese nell’elenco come ad esempio – per citarne solo alcune – la ginnastica per tutti o la ginnastica finalizzata alla salute e al fitness.
Peraltro, tale previsione del registro Coni appare illegittima già in relazione al quadro vigente, sia perché l’art.90 L.289/02 include espressamente l’attività didattica nell’attività sportiva dilettantistica, sia perché con l’art.35 comma V del D.L. 207/08 – in tema di compensi sportivi – è stato definito il concetto di esercizio diretto dell’attività sportiva dilettantistica, esteso alla formazione, alla didattica e all’assistenza anche per attività non funzionali all’agonismo.
Sport per tutti e agonismo per tutti
Con il nuovo assetto, ogni eventuale e residuale dubbio al riguardo dovrebbe essere definitivamente superato perché finalmente lo sport per tutti, finalizzato al benessere e alla salute, ottiene – anche nel diritto interno – primario riconoscimento e pari dignità dello sport agonistico.
Per altro verso la riforma appare altrettanto chiara anche nel delineare l’ambito dell’agonismo poiché, riferendosi espressamente all’attività praticata a tutti i livelli, da un lato valorizza ancora una volta lo sport sociale e lo sport di prossimità e dall’altro riconosce il ruolo delle attività promozionali escludendo così la pretesa di appannaggio delle attività federali, ancora una volta in linea con i principi eurounitari.
|di Biancamaria Stivanello, Avvocato del Foro di Padova|